LO SFOLLAMENTO DAI SASSI DI MATERA…..DA VERGOGNA D’ITALIA A PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’
Per il viaggiatore che visita i Sassi di Matera per la prima volta, risulta difficile pensare che la storia di Matera comprenda un periodo tremendo che l’ha portata addirittura ad essere definita la vergogna d’Italia. C’è stato un periodo durante il quale Matera era totalmente isolata dal resto del mondo, un periodo che l’ha segnata profondamente e ne ha delineato uno sviluppo lento ed eccessivamente tardivo.
I Sassi di Matera vennero definiti dalla sorella di Carlo Levi il “cratere infernale”, a causa della vita misera contadina, ma al suo arrivo lui la descrisse con queste parole: “Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda i Sassi di Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza”
La denuncia di Carlo Levi portò i Sassi di Matera al centro dell’attenzione nazionale. La politica italiana iniziò ad interessarsi alla questione, il leader del partito Comunista italiano Palmiro Togliatti per primo giunse nel capoluogo lucano nel 1948 per guardare con i propri occhi gli ambienti malsani in cui gli abitanti erano costretti a vivere in compagnia delle bestie. Senza mezze parole definì i Sassi “Vergogna nazionale”, un male da estirpare con la forza bruta per restituire dignità alle persone. Altri intellettuali si interessano alla vicenda, parliamo ad esempio di Tommaso Fiore, Francesco Compagna, Manlio Rossi ed il sociologo americano George Peck
Nel luglio del 1950 il primo ministro Alcide De Gasperi fece visita ai Sassi di Matera e nei mesi successivi incaricò il ministro lucano Emilio Colombo di studiare un disegno di legge per favorire il risanamento e la soluzione del problema dei Sassi. Il 17 maggio 1952 lo Stato Italiano, per mano di De Gasperi e su suggerimento del ministro Colombo, con la “Legge Speciale per lo sfollamento dei Sassi di Matera” impose a due terzi degli abitanti della città, circa diciassettemila persone, di abbandonare le proprie case per trasferirsi nei nuovi rioni: “Lo Stato assume a suo carico la spesa per il risanamento dei quartieri Sasso Caveoso e Sasso Barisano dell’abitato di Matera e per la costruzione di case popolari particolarmente adatte per contadini, operai ed artigiani, in sostituzione di quelle attualmente esistenti in detti quartieri che saranno dichiarate inabitabili ed abbattute”.
I Sassi furono praticamente svuotati, divenendo una città fantasma a margine della città nuova. Gli abitanti ottennero case nuove e la promessa di un appezzamento di terra da coltivare, pagando canoni di affitto irrisori in cambio della cessione delle loro vecchie abitazioni al demanio. Degrado ed abbandono presero il posto della vita nelle grotte e nelle chiese, mentre la città si espandeva sul piano nei quartieri nuovi secondo il Piano Regolatore.
La grande spinta che ha accelerato il processo di risanamento e riqualificazione della parte vecchia di Matera è stata data dall’UNESCO che nel 1993.
Il 9 dicembre a Cartagena hanno dichiarato i Sassi Patrimonio Mondiale dell’Umanità, il sesto sito italiano ad entrare a far parte di questo speciale elenco, il primo dell’Italia meridionale, il primo sito ad essere definito “Paesaggio Culturale”. Tale risultato fu ottenuto anche grazie all’impegno dell’architetto ed urbanista Pietro Laureano.
Nel 2008 la città dei Sassi, grazie al Comitato Matera 2019, intraprese il percorso di candidatura a Capitale Europea della Cultura nel 2019. Matera, a rappresentanza dell’intera Regione Basilicata, è entrata prima a far parte della short list, le 6 finaliste, insieme a Cagliari, Lecce, Perugia-Assisi, Siena e Ravenna, e successivamente il 17 Ottobre 2014 con 7 preferenze su 13 viene designata Capitale Europea della Cultura per il 2019. L’occasione può rappresentare il riscatto della gente che ha vissuto nei Sassi ma soprattutto diventa motivo di orgoglio di noi materani nel pensare che i sacrifici di quella gente sono diventati la VERA storia della nostra città, la città dell’antica MATERA.
IL PANE DI MATERA: LA SUA STORIA
La storia del “Pane di Matera” ha inizio presumibilmente ai tempi del Regno di Napoli, periodo in cui la produzione di cereali rappresentava l’attività prevalente nel territorio dei Sassi di Matera. Ad avvalorare questa tesi, troviamo alcuni elementi di artigianato locale collegati alla produzione del pane: i “timbri“. Questi servivano per marchiare le forme di pane prima che queste venissero cotte in forni comuni, cosi da distinguerle una volta sfornate. I timbri altro non erano che statuette di legno su cui erano intagliate alla base le iniziali del capofamiglia; le statuette avevano forme molto disparate, principalmente assumevano sembianze umane o di animali. Oggi rappresentano dei fantastici oggetti da collezione, riprodotti da alcuni artisti locali.
Possiamo ritrovare numerose testimonianze storiche che ci consentono di documentare la passione ed il culto della popolazione materana verso questo prodotto. Prima fra tutte vi è la grande capacità di conservare i cereali coltivati tra la città dei Sassi di Matera ed i paesi limitrofi. Proprio su questo tema, citiamo la testimonianza di Gianfranco De Blasiis scritta nell’anno 1635 nella “Cronologia della Città di Matera” ed oggi custodita dall’Archivio di Stato di Matera:
“Delle conserve di grani e lor perfettione, basta di dire che ne si conserva sin’ a diece, dodeci e quindeci anni, come se stesse in una cassa, e per queste conserve dè grani ci è tradizione che questa Città fusse stata granaio del populo Romano”.
A paritre dal 1857 risultano essere presenti a Matera quattro “maestri di centimoli”, cioè quattro mulini. In ogni casa contadina c’era sempre un mortaio scavato nella pietra che serviva per la molitura familiare del grano.
Dapprima ogni famiglia, o gruppi di famiglie, possedeva un forno privato, in seguito nacquero i forni pubblici dove veniva cotto il pane fatto in casa. Ogni forno era scavato nella roccia ed ermeticamente chiuso. Nei secoli successivi si è arrivati a censire all’incirca una quindici di forni pubblici.
La storia della città dei Sassi di Matera è strettamente collegata alla storia del suo Pane. La sua forma, le sue caratteristiche organolettiche, il modo di prepararlo, lo rendono un prodotto unico al mondo. Un prodotto che tutt’oggi è rimasto al centro della vita dei cittadini Materani, tanto da renderlo un bene insostituibile.
Nel febbraio 2008 al Pane di Matera è stata assegnata la certificazione IGP.
LO SAPEVI CHE…..
Ciascuna famiglia si occupava di preparare la propria forma di Pane. Alla base della preparazione vi era il lievito (“u lvet”), il quale veniva conservato avvolto in una coperta e passato di famiglia in famiglia. Caratteristico anche il movimento delle mani a pugno chiuso necessario ad amalgamare la farina con lievito ed acqua (“trmbè”), operazione che si svolgeva su tavoliere di legno massello (“tavljr”). Terminato l’impasto, la massa (“la moss”) veniva solitamente suddivisa in tre pani di dimensioni uguali e uno più piccolo (“tre pjzz e n pzzarid”), e disposti su di una tavola lunga e stretta (“la tovl du pen”), che l’aiutante del forno si occupava di ritirare all’ora stabilita.
Ogni forno (“u firn”) si avvaleva di uno o più aiutanti, i quali giravano per le strade della città per le prenotazioni ed il ritiro del pane da cuocere. Il loro arrivo era caratterizzato dal suono del fischietto (“u fjscharjl”). Ritirate le forme di pane da cuocere, si preparava il forno per la cottura, il quale veniva riscaldato con legna di arbusti (“la frosch”). Una volta cotto veniva riportato ai legittimi proprietari, spesso accompagnato dalla focaccia al pomodoro (“fchozz”) o con olio e zucchero (“ricchl”), un momento molto attesto per i bambini.
Il pane è caratterizzato da una crosta spessa e croccante (“scherz du pen”), e da una soffice mollica all’interno (“mddjch”).